A Catania abbiamo visto la
doppia faccia del Torino che, passato in svantaggio già al 2° minuto per uno
scivolone di Moretti che ha regalato a Bergessio l’opportunità di realizzare, ha
ripreso le redini del gioco con encomiabile voglia di raddrizzare la situazione.
Diciamo subito che il gioco del Toro non è stato tale da essere apprezzato dal
punto di vista spettacolare, ma l’aver ottenuto il massimo risultato con il
minimo sforzo lascia pensare che il processo di maturazione di questa squadra è
davvero a buon punto. Ora serve continuità, consapevolezza nei propri mezzi e,
soprattutto, cinismo. Quello che è mancato fino adesso al Toro di Ventura è
proprio il pragmatismo nell’ottenere la vittoria, a prescindere da ogni altra
cosa. Oggi, a Catania, i granata hanno capito come bisogna fare per vincere
senza tante futili esteriorità di gioco. E così, pur avendo subito un gol a
freddo hanno subito dimostrato di voler rimettere in sesto la partita e farla
propria. D’altra parte, la fragilità di un Catania ormai destinato alla Serie
B, ha in qualche modo agevolato l’impresa del Toro che, solo un anno fa, non
sarebbe stato in grado di approfittare della circostanza. Ci piace la reazione
del Toro, ci piace questo suo crederci, tanto è vero che pur disputando un
primo tempo piuttosto scialbo, nella ripresa ha affondato i colpi andando a
segno prima con Farnerud e poi con Immobile, che ha realizzato il suo 18° gol
in campionato a parità di Tevez. Una rimonta che ci fa pensare a un carattere
più ferreo, a un Toro più coriaceo, tenuto conto che fino a poco tempo fa chi
veniva rimontato dall’avversario era proprio il Torino. Cattive notizie invece
sul fronte Catania che, a seguito di questa ennesima sconfitta, si ritrova
praticamente in Serie B anche se di fatto, ancora la matematica non lo condanna
definitivamente. Troppi gli errori della società etnea in questo campionato,
dove il presidente Pulvirenti e il vice Sorrentino devono recitare il “mea
culpa” per i troppi errori di valutazione che sono stati commessi. Primo fra
tutti quello di aver ceduto alcuni giocatori cardine del favoloso Catania
targato 2012’13, quando ha fatto sognare l’Europa a tutti i suoi tifosi. E poi
la scelta di Plasil, un giocatore che non si è mai integrato nel gioco dei
rosso azzurri. Pulvirenti, a sei giornate dalla fine a pure pensato di
esonerare per la seconda volta Maran, dopo averlo sostituito la prima volta con
De Canio (anch’egli esonerato) e adesso con Maurizio Pellegrino, uno dei
responsabili del Settore Giovanile della società etnea. Insomma, è un po’ come
dire che il presidente Pulvirenti si sta rampicando sui vetri per cercare di
salvare quello che ormai non è più possibile mettere a riparo. Storie di
calcio, storie che non si possono raccontare come fossero le prime ad accadere e
non saranno certamente neanche le ultime. Il mondo del pallone, al contrario di
come si pensi superficialmente, non è davvero facile per nessuno ma è legato a
fili sottilissimi che si intrecciano tra potere economico, capacità
organizzative di settore e obiettivi da raggiungere. Non sempre, a causa di
diverse situazioni, si creano i presupposti per non sbagliare. Oggi, col senno
di poi, possiamo dire che il Presidente Pulvirenti, pur nell’apprezzabile
tentativo d’investimento nella costruzione del nuovo stadio etneo, avrebbe
dovuto pensare prima a potenziare quella squadra da favola che stava crescendo
a vista d’occhio dopo l’operato di bravi tecnici quali, Simeone, Mihajlovic e
Montella. Bisognava proseguire su quella strada, su quell’esempio, su quel
lavoro, incrementando la parte tecnica con giocatori di valore, senza vendere
il proprio meglio (vedi Marchese, Lodi (poi di ritorno quando ormai la frittata
è stata fatta) e Gomez). Per Maxi Lopez, invece, ci sarebbe da fare un discorso
a parte, ma adesso bisogna cercare di ripartire dalla Serie B, e non sarà
facile. Comunque, risollevarsi dalle ceneri è un dovere per Catania città, per
i suoi tifosi e per la Sicilia tutta.
Salvino
Cavallaro
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